Padre Raimondo M. Adami dell’Annunziata nelle “Efemeridi” di Giuseppe Pelli

Tra gli speciali e colti uomini che caratterizzarono il granducato di Toscana nella seconda metà del settecento, vi fu il Servo di Maria p. Raimondo M. Adami (1711-1792) della SS. Annunziata di Firenze.
Originario di Livorno, entrò nell’Ordine nel 1730 e fu professore dal 1749 di Teologia Dogmatica all’Università di Pisa, dopo “cinque anni di Lettura” – come scrisse il suo allievo p. Costantino Battini nelle cronache del convento. Aveva pubblicato precedentemente “Due lettere colle stampe di Lucca sotto il nome di Gelaste Mastigoforo in difesa di un suo amico”, Clemente Bini (Giovanni Lami), contro l’abate Francesco Cecchi; e nel 1742 aveva dato “principio assieme con altri letterati suoi amici al Giornale di Firenze, che poi seguitò a compilar da se solo fino al 1762 in 27 volumi in ottavo” .
Nel 1768 era stato eletto priore generale dell’Ordine e si era adoperato “per il mantenimento della Regolar Disciplina, e per il ristabilimento dei migliori studi nei Collegi della Gioventù”. Dovette però subire diversi colpi di “avversa fortuna, ma nel 1774, dopo il suo generalato tornò a insegnare a Pisa”. Gravemente malato di epilessia, nel 1789 lasciò l’Università. Mori l’8 maggio 1792 per un attacco più violento della malattia.
L’Adami era “pronto, eloquente, vivace, e ornato della piu scelta erudizione, e di un purgato giudizio e discernimento per farne uso. Quindi ne avveniva che godeva dell’amicizia di molte persone culte della sua età, e di tutti quelli eruditi che avevano potuto conoscerlo. Né solamente i dotti ma le persone grandi lo decorarono della loro famigliarità e confidenza. Fu insomma un soggetto che si rese il decoro della Religione nostra e il Lustro della sua Casa”: così il Battini onorò il maestro (v. il mio I fatti del Giansenismo toscano ...).
Ma il p. Adami ebbe anche un altro estimatore, anche se di pregiudizio verso i religiosi e a volte critico fino alla maldicenza: Giuseppe Pelli (1729-1808), letterato e direttore della Real Galleria degli Uffizi (1775-1793), amico anche i suoi due fratelli Anton Filippo († 1768) e Alessandro Adami († 1799) senatori del granducato. Di loro e del p. Raimondo, ma anche di molti altri personaggi pubblici, della vita culturale e quotidiana di Firenze – comprese le mode letterarie e le variazioni delle stagioni –, il Pelli lasciò ricordo nelle sue corpose Efemeridi. Sul p. Adami scrisse quanto si ripora qui di seguito.

13 giugno 1760: “Questa mattina sono stato al crocchio del padre Adami ove erano de’ forestieri con i quali si è discorso delle antichità di Roma, ripassando le migliori statue che dovevano aver visto. Fra le altre osservazioni poi è stato detto che molti scrittori nel stampare gli avanzi delle antiche fabbriche hanno inventato a capriccio, da’ piccoli rimasuglioli architettando cose magnifiche di loro invenzione”.

4 novembre 1762: “Sono stato a pranzo ad una villa de’ padri della Santissima Nunziata detta Montepiano situata poco discosto dal convento dei Cappuccini di sopra dal padre priore Adami, ove ho trovata buonissima compagnia di suoi amici, ed un apparato dovizioso di delicate vivande. La posizione di questa villa è buonissima, facendo scoprire un gran tratto di campagna, ed il prospetto della città”.

27 gennaio 1769: “Io noto questo in congiuntura di trovarmi bene al fatto delle contradizioni puerili commesse dal padre Adami generale dell’Ordine dei Servi di Maria, e fratello del defunto senatore di tal cognome, uomo di molto talento, e virtuoso assai, che conosco di lunga mano, e ch’è passato per molto astuto nell’occasione della legge di Venezia dell’anno scorso concernente i regolari, per aggiustarsi con la potestà laica, ed ecclesiastica, e per tenere, come si suol dire, il piede in due staffe. Egli scrisse una lettera al suo Provinciale di Venezia che fu pubblicata nelle gazzette”.

20 luglio 1766: “È terminata da qualche mese in Parigi l’ Enciclopedia, e si va ristampando in Lucca attualmente con annotazioni del padre Adami servita, che in questa mattina mi ha parlato di ciò leggendomi qualche squarcio della sua fatica. Sono sempre ne’ medesimi sentimenti intorno a questo famoso libro a cui mi si dice che per l’edizione di Lucca vi sieno da 2.000 associati. Gli ultimi volumi credo che sieno più ristretti dei primi, ma non già più corretti, e meglio eseguiti. Io non biasimo con mistero quest’opera, ma non stimo di essere applaudito. Non ostante a me poco preme, perché non ho verun fine per far questo, se non la persuasione di non fare un libro che contenga tutto lo scibile, e che risparmi la lettura degli altri a chi non vuol esser molto superficiale”.

18 ottobre 1773: “Con buona compagnia sono stato a pranzo dal padre Francesco Raimondo Adami, generale dell’ordine dei Servi di Maria, alla sua villa di Monte Piano, ove ho ricevuto un ottimo trattamento. Il sito è bellissimo, l’abitazione molto decente, e pulita, ed il soggiorno ameno. Un frate che si è saputo sollevare è più felice di un laico, se si dà felicità sulla terra. I secolari adorano questo ceto servilmente per debolezza, o gli perseguitano per invidia. Io crederei che fosse meglio il ridurli sudditi attivi, ed utili, non solo per lo spirituale, m’anche per il temporale. Come farlo? Il piano è superiore alle mie forze, ma non impossibile a stendersi. Basta che lavorino anche per il secolo, che abbiano un patrimonio decente ma limitato, che non si moltiplichino con dar ricetto, e ricovero agli oziosi, ed ai malinconici, e che sieno staccati da certi legami superiori, il più è fatto. Il resto è una ripulitura di sistema meno impegnosa”.

31 ottobre 1773: “Il padre Francesco Raimondo Adami, generale dell’ordine dei Servi di Maria, essendo invaghito di raccogliere medaglie antiche, e monete moderne d’Italia, ha potuto in due anni, e poco più farne acquisto di una buona somma, quantunque un tal museo sia ancora di poca considerazione. Io lo vedevo stamane, ed osservavo come questo religioso si sia dato al balocco delle medaglie doppo avere avuta la passione delle stampe, e dei libri, e doppo essere stato un uomo astuto, intrigante, ed anche di bel tempo, per rilevare che l’animo dell’uomo non è mai in quiete, e che sempre cerca un oggetto qualunque da sposare mutando sovente le sue inclinazioni per caso. Ancor io stimo per curiosità tal supellettile, ma pareva che quest’uomo che ha arricchita assai la libreria della Santissima Annunziata dovesse contentarsi di completarla, anzi che gettarsi in un altro mare vastissimo, in cui spenderà assai senza formar cosa che sia agli occhi di molti di gran rimarco”.

[Dal] 5 settembre 1774: “Aveva fra tanto monsignor Fabbroni data in luce in Roma la quarta delle suddette decadi, ed in essa, tanto nella vita del Cocchi, p. [sic]... che nella dedica al padre generale Adami di quella del padre Capassi p. [sic], aveva inserite alcune dolorose sferzate ai Novellisti per la critica fattali nel 1772 e nel Giornale Pisano, t. XIV, p. [sic], erano stati quasi invitati a battaglia, e sfidati con delle altre punture. I Novellisti non si riscossero, ma avuta in mano la detta decade parlarono di essa ...”.

9 novembre 1776: “Conosco molti letterati che hanno del sapere ma non s’inducono ad occuparsi nel comporre qualche opera di rilievo. Senza dubbiezza in questo numero sono Perelli, Adami, Bianucci, Coltellini, Sellari ecc. ecc. [...] Io non pensavo mai che il mio capo d’opera dovesse essere il catalogo del Real Gabinetto, e la descrizione della Real Galleria”.

7 giugno 1778: “Ho veduto stamane dal padre ex generale Adami dell’ordine dei Servi una medaglia d’argento conservatissima con la testa di Gordiano Affricano padre nel diritto, e quella del figliuolo nuda nel rovescio assai bella. Questo religioso in poco tempo ha messo insieme un bel gabinetto di medaglie antiche, e moderne, di monete italiane, e d’idoletti rari, perché la potenza dei frati è tuttavia grande, ed il medesimo ha in proprio dei buoni assegnamenti. Io non so se i suoi religiosi amino questa spesa, ma per le mie notizie non lo credo, non ostante il padre Adami si balocca, e questo deve servirgli”.

23 ottobre 1780: “Coll’arcidiacono Giuseppe degli Albizzi sono stato a pranzo a Montepiano dall’ex-generale dei Serviti padre Raimondo Adami ove ho trovato fra gli altri il padre Luigi Baroni lucchese, che sta alla corte di Francia in qualità di antiquario del Duca d’Artois, e presso il marchese di Pulmy. Egli è intendente di medaglie, di stampe e di libri, che compra per detto marchese, e che negozia anche per sé. Passa per uomo destro, ma è allegro, onde mi ha divertito, ed instruito. Sono degli anni che lo conosco, ma doppo andato in Francia non ci avevo mai parlato così a dilungo”.

30 ottobre 1781: “Sono stato a Montepiano villa dei padri della Santissima Annunziata per vedere il canonico De Rasse che vi si trattiene per salute col padre Raimondo Adami ex-generale, e vi ho pranzato piacevolmente dissipando, almeno per poco, i miei cocenti pensieri. Vedo che giova il dissiparsi, ma non tutte le dissipazioni sono per tutti, e per tutte le occasioni. Ogni età, ogni tempo, ogni condizione, ogni tenore di vita ha la sua”.

13 ottobre 1783: “Con una compagnia sono stato a Montepiano a pranzo dal padre ex-generale Adami dell’ordine dei Servi. Ci ha ben trattati. Questo è l’ultimo regolare fiorentino, che abbia un nome celebre. È dotto, conosce il mondo, ed ha avuti degli amici. Ora i regolari vanno in tanta decadenza, che non vi è alcuno, che possa imporre nel pubblico”.

1 novembre 1784: “Il padre minore [sic] Adami professore in Pisa è stato tacciato d’insegnare, che sia un articolo di fede la celebre bolla Unigenitus. I giansenisti lo accusarono, e per ordine di Sua Altezza Reale fu avvertito da monsignor Fabbroni. Non contenti di ciò i giansenisti minacciarono di annunziare questo aneddoto nei loro Annali Ecclesiastici. Adami si è riscosso, si è difeso, ed ha chiesto al Granduca che fosse impedito a detti annalisti di mortificarlo in pubblico sì crudelmente.
Il forte della difesa è stata di non avere dettato che assolutamente la mentovata celebre bolla fosse una regola di fede, ma bensì una “tamquam regula”. Questa frase è stata posta in ridicolo, e la Reale Altezza Sua nel concederli quanto domandava ha detto che gli fosse scritto il biglietto d’avviso con l’indirizzo al suo nome “tamquam” professore della pisana Università. La cosa è assai spiritosa, e Adami teologo abilissimo, m’astuto, e perciò perpetuamente guardingo meritava bene, che se ne tenesse memoria. Per il suo noto carattere, chi lo conosce, sa che non può stimare le brighe procellose per le materie di Grazia; e che non doveva ignorare le pretensioni di Roma non esser punto di moda appresso di noi, onde un maestro prudente averebbe dovuto scansare di mescolarvisi”.

15 settembre 1785: “ Voti della Santissima Annunziata. In questi giorni doppo le tante sono stati tolti dal primo chiostro della chiesa della Santissima Annunziata quei resti di antichi voti, che vi erano, consistenti in figure di carta pesta, nel fare le quali, al dire di Giorgio Vasari t. p. tanto valeva «catene, gruccie, spade» ecc. ed altri istrumenti, ed è stato pulito il luogo sì celebre per le celebri pitture di Andrea del Sarto. Tali ornamenti furono anche in altre chiese, m’alla Santissima Annunziata erano rimasti per ultimo contrasegno della devota credulità dei nostri antenati.
Era molto tempo che gli amici consigliavano ciò al padre ex-generale Adami, ma i religiosi erano divisi di sentimento, e ci è voluto, per quanto si dice, un ordine del governo per eseguirlo”.

16 ottobre 1785: “Col senator Adami sono andato a pranzo dal padre Adami suo fratello a Montepiano, e sono stato placidamente, benché non allegro, essendo molto ristretta, e di persone vecchie, onde seria, la compagnia”.

26 ottobre 1785: “Sono stato a pranzo a Montepiano dal padre Adami con molta compagnia, e fra gli altri col padre abate Guidelli generale dei Vallombrosani, quantunque la giornata sia stata nella mattina turbata assai, onde doppo le due della sera è piovuto molto, e lungamente”.

[Dal] 16 giugno 1786: “ I motivi espressi nella lettera di cui conservo la minuta sono tutti veri, ma in cuore ne ho altri, e sono l’umore contradittorio del dottor Pignotti, la poca attività della più parte dei condeputati, il non veder comparir materiali da quelli, che gli avevano promessi, il disimpegno dei segretari dell’Accademia nel prestarci la loro opera, lo spirito del paese troppo irritabile e maligno (informi il dottor Giorgi, informino i non giansenisti per battere i quali gli annalisti ecclesiastici in uno degli ultimi fogli hanno inserite due vere, o false confessioni, informi il padre Adami da loro di fresco deluso), il desiderio di una oscura quiete ecc. “.

21 ottobre 1787: “Con buona compagnia sono stato dal padre ex-generale Adami a pranzo a Montepiano come negli anni scorsi. Questo sito è uno dei più ameni per la vista di Firenze, del suo piano, e delle sue colline a mezzogiorno. Ve ne sono altri appresso a poco simili, ma per mio giudizio non tanto belli, sebbene più precisi per la città. Essi tutti però mostrano quanto noi siamo mal situati nel fondo di una valle, che non ha che due piccole foci a seconda della corrente dell’Arno”.

25 febbraio 1787: “Ho fatta conoscenza stamane col padre procuratore di Camaldoli collettore di medaglie, ed ho veduta la sua raccolta, che ha in Firenze, avendone altra imperiale in gran bronzo al sacro eremo. Oltre a questo religioso che raccoglie ancora monete, e medaglie moderne, vi è il padre Adami ex-generale dei Serviti, e l’abate Francesco Fontani bibliotecario della Riccardiana, che ammassano medaglie, e che tengono vivo questo studio in Firenze. Io non posso applicarvi quanto vorrei, perché senza approvazione non posso fare delle grosse compre, ed alla spicciolata vien poco, o è offerto a caro prezzo”.

novembre 1789: [Sul monumento funebre Pagnini alla SS. Annunziata] “Il detto busto è lavoro dello Spinazzi, e l’iscrizione del padre Adami”.

1792: “Un ricco collettore specialmente di cose nostre e monsignor Franceschi arcivescovo di Pisa, il cavalier Marco Rosso, Luca Pucci che ha ereditata la raccolta Albizzi, e fatta sua quella di casa Cerretani ecc. Anche l’auditor Francesco Rossi aretino residente nel Magistrato de’ Pupilli, il frate ex-generale Adami servita, l’abate Francesco Fontani bibliotecario della Riccardiana, il padre don Adelemo Sestini dell’Eremo di Camaldoli raccolgono monete, ed io lo farei pure con passione per la Real Galleria se non avessi le braccia legate”.

9 maggio 1792: “Morte del padre monaco Francesco Raimondo Adami. Morì pure ieri mattina nel convento della SS. Annunziata repentinamente il padre monaco Raimondo Adami ex-generale dei Serviti, e professor giubbilato di teologia dommatica nell’Università di Pisa in età di anni 82 circa. Fu colpito dall’accidente successo al padre maestro Ferroni [Gioacchino, † 7 maggio 1792] suo amico, che fu trovato morto nel letto la stessa mattina. Questo era maestro della cappella successo al padre Droecer [sic, Giovanni Filippo Dreyer, † 1772].
Era uomo di talento, teologo che possedeva in grande la sua scienza, e letterato di molte cognizioni provvisto, come apparisce specialmente dal Giornale fiorentino dei migliori doppo il veneto dell’Apostolo Zeno, a cui lavorò fino al fine. Essendo generale scrisse ancora un instruzione per gli studi della sua religione. Ma era l’Adami un frate fine, e di dubbia fede, come comparisce dal fatto notato in quest’ Efemeridi t. XVIII p. 11 autenticamente. Fu in amicizia col bel sesso, perché di ricco personale, ed allegro a tempo, ed amico di tutti gli uomini in carica, e di spirito di 40 anni addietro. Ebbe delle dispute col dottor Lami, come può vedersi nelle Novelle letterarie fiorentine del 175 ...[sic] nelle quali però non riuscì con onore, combattendo sotto il nome di Gelaste Mastigoforo. Arricchì assaissimo, ed ordinò la libreria del suo convento, e da generale si pose a raccogliere medaglie, e monete delle quali una piuttosto ricca collezione ha collocata con altre cose in due gabinetti di nuovo fabbricati a canto a detta libreria. Finalmente univa la politica fratina, allo studio, ed al sollazzo ed è stato un claustrale stimato, e raro di cui altro simile più non ne conosco fra noi attualmente a riserva del padre Averardo Audrich provinciale degli Scolopi mio amico, e religioso più sincero, ed aperto benché niente debole, né balordo”.

8 aprile 1793: “È stato intrapreso a Mantova un nuovo giornale per la letteratura italiana, e per la straniera, e ne ho veduti i primi volumi, ma sono deboli. Non dico ciò rispetto alla scelta dei libri, che si annunziano, ma rispetto al modo di annunziarli. In sostanza non conosco miglior giornale di quello di Firenze che cominciò nel 1750 e terminò nel 1762. I primi tomi compilati dal padre Adami, dall’abate Buonaccorsi, dal canonico Alberti ecc. erano il meglio, che si potesse fare, perché correggevano, illustravano, completavano le opere di cui davano conto per lo più le meno cognite in Italia, e di scelta erudizione. Ma sciolta poi la società, e restata l’impresa quasi affatto al detto padre Adami deteriorò, come deteriorarono molto nel terzo anno le Novelle letterarie perché rimase il solo dottor Lami a scriverle”.

1797: “Ero in Pisa a studio nel 1750 e vi erano degli uomini di merito grande. L’astronomo Perelli ... buono, il padre Corsini scolopio celebre per la erudizione greca, il padre Adami servita eccellente teologo, ma falso, e versatile ...”.

1799: “È morto questa notte il senator cavalier Alessandro Adami del quale ho parlato altre volte d’anni 86 finiti ed ha lasciato erede il signor Lorenzo Lami di Siena non so per quali relazioni condotto da un’abile procuratore il dottor Vespasiano Cavini ed astuto, doppo essere stato pedinato da vari altri, ed aver perduti quelli che in Pistoia, ed in Prato credeva suoi parenti. La commenda ricade a casa Baldigiani, il resto non sarà poco, e specialmente lascia una casa elegantemente ammobiliata”.

1799: “È vero come credevo che la raccolta di medaglie e monete fatta con stento da padre Adami, il quale costruì fino un gabinetto per conservarla allato alla biblioteca del convento della Santissima Annunziata da lui pure arricchita, è stata venduta già, e distratta. Ne parlavo stamane col padre dottor Adelelmo Sestini di Camaldoli, il quale pure ha il medesimo gusto, ma che anni sono fu da un ladro derubato, ed egli mi confessava, che il fatto del gabinetto d’Adami aveva perduto l’attacco al suo, persuaso, che anche nei corpi morali non si conserva lo spirito di un individuo stato premuroso di fare qualche ricca collezione. Diceva ottimamente onde tutto quello che si ha genio di acquistare deve aversi per uso come il cappello, la cappa ecc. e non interessarsi nel provvedere che si conservi per il tempo avvenire”.

1800: “I vari libri impressi in vari dialetti italiani, specialmente poetici, non divertono, che coloro, che gl’intendono. Ma Le cunto de li cunte di Giovanni Botta Basile, il quale contiene cinquanta novelle in dialetto napoletano bassissime, ha della celebrità, ed il padre Adami generale dei Serviti provvisto di talento, e vastissimo sapere, di cui ho fatto motto cento volte, lo stimava, lo gustava, lo lodava anche nell’ultima vecchiezza”.

1804: “I più antichi padri credettero, che Cristo non fosse bello e ai tempi solo di San Girolamo, e di San Giovanni Crisostomo si cominciò a variar di opinione, e Niceforo nel secolo IX scrisse poi che fosse bellissimo, e ne delineò il ritratto largamente ma non ha veruno appoggio autentico quanto egli dice. Il dottor Lami disputò sopra di ciò col padre Adami sotto nome di Gelaste Mastigoforo nel 1746 come si può vedere nel libro primo De erud. apostolorum edizione seconda”.

1805: “ Dunque questa bella raccolta è in procinto di sperdersi come seguì a quella di Guido Zannetti, del padre Raimondo Adami ex-generale dei Serviti, ed a tante altre, o anderà alla zecca. Io per questo lo sprono a fare il catalogo del più raro, ma Tognaccini non è uomo culto ed assai affaccendato. Ha anche delle medaglie antiche in argento, ma non in quantità. Il più sono le monete, il corredo delle quali è da uomo ricco”.

1805: “Quanto differisce l’organizzazione presente dell’Università di Pisa a quella del tempo che vi fui a studio. Allora comparivano i nomi de’ Perelli, de’ Soria, de’ Berti, dei Corsini, dei Cametti, dei Guadagni, degli Adami, de’ Moniglia, ora si rammenta solo il mattematico Paoli, e l’astronomo Slop, Pignotti auditor dello Studio, ed i’ bottanico Savi. Tutti gli altri professori o sono debolissimi, o ignoti, se non che vi deve andare da Parma un padre Pagnini carmelitano pistoiese illustre grecista. Da che depende cio? Da molte cause le quali non potrei in breve accennare. Vi sono dei giovani talenti che col tempo possono essere universalmente stimati, ma per ora ...”.

Da le Efemeridi di Giuseppe Pelli Bencivenni, edizione online 2001-2021, da https://pelli.bncf.firenze.sbn.it/

Raccolto da Paola Ircani Menichini,
26 maggio 2023. Tutti i diritti riservati.




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